Il proverbio dice che nessun profeta è gradito in patria, e purtroppo questo sembra essere il caso dei Tarchon Fist, band storica dall’Emilia Romagna che invece in Europa sta andando alla grande. Potete leggere la nostra chiacchierata con il chitarrista Luciano!

Ciao Luciano e benvenuto su MetalShutter!

Luciano Tattini: Ciao, cara.

Parliamo un attimo di questo album “The Flame Still Burns” che è uscito a fine aprile. Come sta andando la release? Avete avuto un po’ di feedback? Anche dal pubblico dei fan? 

Luciano Tattini: Sì, per adesso abbiamo suonato solo in Germania. E’ stata una bella festa perché era un sacco di tempo che non suonavamo più, c’è gente che ci è venuta a trovare che non vedevamo da un sacco di tempo. Praticamente ci siamo dedicati a parte il pre-show a preparare le strumentazioni, tutto quanto. E dopo lo show abbiamo fatto notte fuori dal dove teniamo il merchandise perché lo avevamo piazzato esattamente davanti al bar. È stato spettacolare, quindi è stata una festa. Guarda veramente è stata una cosa che quando sei abituato a suonare di più lo senti. Ma quando ti comincia a mancare una cosa, proprio quando torni ad averla ti ci attacchi proprio con le unghie e con i denti. Bellissimo. Poi anche il riscontro dal punto di vista con l’album nuovo. Naturalmente non suoniamo spesso in Germania. Tante persone avevano gli album nostri, son passati dei ragazzi a farci autografare anche i primi album e poi naturalmente han comprato anche “The Flame Still Burns”È stato molto appagante.

Un genere come il vostro mi sa che soprattutto in Germania gira molto di più rispetto all’Italia, a vedere un po’ di feedback che vedo anche di altre band. 

Luciano Tattini: Siamo convinti che il nostro non è un proprio e vero genere, nel senso che in tutti gli album dei Tarchon Fist di generi se ne toccano diversi sempre all’interno dell’ambito naturalmente di heavy metal molto vicino al tradizionale. Io mi permetto di dire che cerchiamo di toccare un pochino in ogni dove, dall’hard rock fino al thrash, tutto rigorosamente melodico e quindi non mi sento di parlare proprio di un vero genere come fanno la maggior parte dei gruppi metal. Questa cosa ci ha portato ad avere persone che ascoltano i Tarchon Fist un po’ all’interno di tutti i generi. Questa cosa, parlando di musica, ci soddisfa in tutti i livelli. Poi magari c’è sempre chiaramente quello che è un pochino meno soddisfatto di quella o di quell’altra canzone perché è più attaccato al suo di genere. La Germania ci vuole bene, noi vogliamo bene alla Germania. In Italia purtroppo questo genere un po’ in generale non sta andando molto bene. Ci proviamo! Abbiamo suonato al Blah Blah di Torino e all’Alchemica a Bologna. 

Siete stati in apertura ai Vicious Rumors: cosa vi aspettate dal pubblico italiano? Vedendo anche magari esperienze precedenti. 

Luciano Tattini: Eravamo con loro anche a No Playback, è una casualità, naturalmente. Però sì, sono americani: in Germania sono andati anche loro molto bene. E qua non lo so, vedremo… a Bologna pensiamo che magari qualcuno venga per magari vedere noi eh, non lo so. Guarda, non so cosa dirti. Purtroppo ho visto tanti, troppi concerti con poca gente, quindi non so cosa aspettarmi. Vedremo in corso d’opera. Sto parlando anche di band straniere, anche famose e anche molto brave che meritano di essere viste. In diverse occasioni ci si è trovati in 30-40 persone, quindi vedremo come andrà a finire. Contiamo di fare molto bene, in particolare naturalmente a Bologna. A Torino per noi è la prima volta con i Tarchon Fist!

Tornando un po’ indietro, i Tarchon Fist, ascoltando anche l’album, sono sempre sul filone dell’heavy che, però, non è mai un heavy banale dei vecchi tempi, è sempre qualcosa che si va ad innovare, che appunto va a toccare altri generi. Avete un punto focale nel momento in cui andate a decidere di comporre un nuovo album in cui vi sedete a tavolino e dite “E’ arrivato il momento, c’è qualcosa che non deve assolutamente mancare” nel momento in cui componete?

Luciano Tattini: Se uno fa attenzione a tutta la storia dei Tarchon Fist ci sono un po’ dei momenti che si ripetono sempre, il pezzo piu’ thrash, come dicevo prima, il pezzo più melodico… non c’è una vera e propria linea. Possiamo anche permetterci di non mettere magari il pezzo più goliardico, il pezzo magari più triste. Però cerchiamo sempre di seguire questa linea dove mettiamo dentro un po’ di tutto ci puoi trovare anche dei pezzi più vicini al prog o perlomeno delle parti. Come puoi trovare vari generi inseriti dentro quel genere che stia suonando; ricordo un chitarrista che suonò con me nei Tarchon Fist all’inizio, Lucio Martelli Junior che riesce a inserire il funky dentro i pezzi metal. E io faccio “Mi piace, quindi perché non metterlo?” E poi Wallace, il nostro bassista storico che è con me dall’inizio da quando siamo partiti, in una canzone mi disse “Siamo riusciti a metterci la samba”, perché poi bisogna riconoscerle le cose. Perché mi piace anche la samba. Magari non mi ascolterei due ore di samba perché poi mi stanco. Però ci piace un po’ tutto. Quindi tendiamo a metterci un pochino di tutto, ma senza per forza volercelo mettere. Se abbiamo la canzone giusta ce la mettiamo dentro. 

E questo è sempre successo fin dagli esordi, fin dal primo brano che avete composto.

Luciano Tattini: Era un pochino così anche nel nel vecchi lavori.

Parlando proprio di questi quasi vent’anni di carriera, perché state arrivando quasi a vent’anni… se pensi agli esordi e pensi ad ora, come si è evoluto il songwriting, ma anche, come si è evoluto anche l’approccio allo show live? Come si è evoluta tutta la storia di Tarchon Fist proprio parlando di composizione, ma anche della sala prove?

Luciano Tattini: In realtà è stato un viaggio abbastanza corto, nel senso che non abbiamo poi cambiato così tanto il modo di approcciarsi alla musica che proponiamo. Mi sento di dire che dal punto di vista tecnico anche compositivo ci si può permettere di fare cose un pochino più interessanti sotto certi aspetti. Il primo album dei Tarchon Fist era un album che io amo alla follia, ma è molto di cuore e sangue. Si sente che non c’erano ancora dieci anni di suonare insieme, dopo già “Fighters”, che è un album che esce praticamente due anni dopo, aveva già un altro impatto più siamo venuti avanti, più ci siamo amalgamati. E quindi credo che adesso siamo in un buon momento da questo punto di vista qua, normalmente mi occupo io di comporre brani e Rizzo chitarrista e Ramon il cantante i testi. Se ne parla, un po’ sulle sue impressioni, poi dopo a volte si cambiano anche, naturalmente perché sono un’idea migliore. Per esempio “Soldiers in White” di quest’album nella mia testa doveva intitolarsi “Virus”, però giustamente era una canzone dedicata al virus e invece Rizzo ha avuto l’idea di girarla e fare una canzone dedicata ai soldati in bianco, gli infermieri e il personale medico e paramedico che a nostro avviso ha fatto un lavorone rischiando la propria vita. E’ stata girata proprio perché fosse dedicata a loro e non una cosa al virus, perché poi dopo ci siamo legati lavorando al discorso delle passioni erano tutte logiche. Se ne discute e poi dopo salta fuori sta sta roba; anche la copertina, un lavorone. 

Da qua ti chiedo, come nasce un album dei Tarchon Fist? Hai detto che componi tu, ma c’è un momento in cui magari decidete insieme un’eventuale concept per i vari brani?

Luciano Tattini: Normalmente io compongo le canzoni. Molte le pesco anche dal mio passato, perché io ho valanghe di cose già scritte. Poi in sala prove, naturalmente questo è stato leggermente un pochino più tribolato di album, perché come tu ben sai, con la pandemia siamo usciti a provare tutti insieme, credo 7-8 volte. Lì è stato stato un disastro. Sì, lo so, ormai è una cosa non è una storia che ormai ce l’avremo sul groppone per tutta la vita. Normalmente, una volta scritte le canzoni, le trattiamo un po’ come delle cover, diciamo no, poi naturalmente, ognuno nella sua cameretta (per intendere il proprio studio) si tirano giù forse idee, forse modifiche e cose del genere in sala prove, quando si prova “Io avrei questa idea, io avrei quest’altra idea”, poi si parla, si fanno cose.

Quando vi mandate le demo dei brani, magari le prime composizioni o che ne so, il file guitar pro con con la tablatura, che nome date ai file?

Luciano Tattini: Nomi assurdi, assurdi. Per esempio, “The Man” si chiama “Balibalù”, alcune canzoni solamente “A” o “Q”. È una domanda giustissima. Alcuni hanno dei nomi assurdi anche in inglese storpiato. Sì, penso che facciano così tutti quando si parte per vedere perché poi bisogna essere in anticipo con la musica rispetto ai titoli. Alcuni invece hanno già il titolo che poi diventa il titolo originale. “The Flame Still Burns” è sempre stato “The Flame Still Burns”.

Per le altre prima si aspetta il testo e poi e poi si mette un titolo normale o socialmente accettabile.

Luciano Tattini: “9/11”, per esempio, era “Bonaccini”. Perché quando parte la canzone il cantante faceva “Bonacciniiii… nananana” 

Mi consola questa cosa, lo facciamo anche noi. 

Luciano Tattini: Credo che sia una cosa comune a tutti. Quando passiamo i file allo studio che ultimamente sta lavorando con Roberto Priori, alcuni hanno ancora il nome originale. E allora bisogna ricordarsi (almeno per il periodo finché la canzone non diventa una cosa più definitiva) che andiamo già anche farci le batterie, per esempio, perché come ti dicevo con la musica siano sempre molto avanti rispetto al resto. Soprattutto per gli ultimi due album, perché uno era un concept per cui dovevamo capire quello che volevamo per poi metterlo in piedi. Poi ci trovi tutte le assonanze, anche musicali, i riferimenti a quello che stai scrivendo in quel momento. Almeno, noi stiamo lavorando così in questo momento. I prossimi due album in realtà sono già in lavorazione. 

Già due album in lavorazione! Ci sta soprattutto dopo un periodo di fermo così che ci siano tante idee da buttare giù. 

Luciano Tattini: In realtà stiamo preparando anche un ulteriore “Celebration II” con i rimanenti brani dei primi due album che non sono stati prodotti e non sono stati riguardati su Celebration. Perché non abbiamo più l’autorizzazione ad utilizzarli quei brani lì e ci sono dei brani che sono spettacolari, quindi faremo un album celebrativo per i vent’anni, un sacco di canzoni dei primi due album e due inediti. In più ho cominciato a lavorare al progetto 2028.

Progetto 2028?

Luciano Tattini: Si chiama così la cartella.

A proposito di nomi! 

Luciano Tattini: Esatto. Infatti stavo facendo un’intervista proprio dove c’è una domanda che mi ha fatto dei brani poi depositati nella cartella nuovo album 2023.

Effettivamente che quella penso sia una cosa comune un po’ di tutti. E poi dove cacchio ho messo la roba? Bella domanda. E allora fate le cose con serietà, perché comunque anche dopo vent’anni di carriera uno dice “Mi metto anche un attimino, devo fare le cose seriamente con l’etichetta, con le prove e tutto quanto”. Ma c’è stato un momento nella carriera in cui siete proprio passati dal dire “Faccio questo progetto si per divertirmi, ma anche per fare un progetto più lavorativo” a dire proprio “Mi metto giù e faccio le cose seriamente”? So che è una domanda un po’ bastarda. Però è proprio questo switch da dire “Sto mettendo su una band perché voglio divertirmi” al “No, voglio arrivare da qualche parte.”

Luciano Tattini: Quando sono stato cacciato in realtà dai Rain, io non li ho lasciati ero in un momento importante e quindi io volevo lavorare seriamente. Poche pippe. Noi ci siamo messi diciamo così subito a fine marzo del 2005 avevamo già una band attiva di quattro elementi. Ci mancava il chitarrista. A luglio eravamo in studio e c’è stato il primo promo. Poi dopo ci sono state pippe e l’abbiamo dovuto ritardare. Nasciamo come Rain per proseguire quel progetto e quindi lavorare seriamente era d’obbligo. Poi lavorare seriamente non vuol dire non divertirsi. Noi ci divertiamo moltissimo, allo stesso tempo però bisogna stare sul pezzo, perché già anche all’epoca eravamo già abbastanza grandini per pigliare le cose sul serio e non solamente per fare pirla. Quindi per me è sempre stato un progetto molto serio, anche perché per tutti noi la musica è una cosa seria, ci crediamo, ci piace avere un certo tipo di immagine. Ci piace dire qualcosa nelle canzoni, anche magari una pirlata. Però ci piace, è anche perché non è che si può vivere solo sulla serietà, e sbattimento e cose del genere. Ci vuole anche il momento un po’ più goliardico. 

È importante divertirsi, se si vuole portare avanti un progetto.

Luciano Tattini: L’importante è divertirsi con serietà, penso che siamo i più grandi casinisti d’occidente, perché quando siamo ai concerti ci piace stare con la gente. E’ una cosa che ci piace moltissimo, quindi stappiamo bottiglie, si beve e si mangia, facciamo casino quando è finito il momento di serietà. In quel momento quando sei sceso dal palco dove hai cercato di dare il massimo per far divertire le persone e comunque passare il discorso. Guarda quello che siamo riusciti a mettere in piedi a livello musicale, l’obiettivo è quello di divertirsi allo stesso tempo, passando un messaggio se ci si riesce e allo stesso tempo dicendo “Siamo riusciti a fare questo”. Sono tutte cose che secondo me possono andare tranquillamente di pari passo. 

Hai qualche ricordo particolare? O in Italia o all’estero, proprio legato al fatto che vi buttate in mezzo alla gente anche ai live, magari qualcuno che vi ha dato soddisfazioni in maniera particolare che vi è rimasto impresso?

Luciano Tattini: Potrei dire tremila cose del genere; io ero in Germania fino a ieri, sono rientrato ieri sera. Ero ad una fiera e delle persone hanno visto che ero a questa fiera. Si sono mosse per mangiare qualcosa insieme a me sabato sera. C’è stato un ragazzo, Lars, che non so se ci sentirà mai, ma lo saluto tantissimo, che si è fatto due ore e mezza di macchina per venire a mangiare qualcosa insieme a me e altre persone che si erano organizzate per trovarci, e due ore e mezza per tornare a casa. Capisci che sono quelle di quelle cose che ti rimangono il cuore per tutta la vita. Ma poi ci sono tante le cose, quando vedi arrivare una persona che non ti aspetti che venga perché sai che abita a magari 300-350 chilometri da dove stai suonando. Arriva perché non ci sono concerti vicini, in quel momento li l’unico concerto un po’ decente era il nostro. Amiamo stare in mezzo alla gente, ci piace abbracciarci, stare vicini, bere birra insieme. 

È arrivato qua Steve che è l’anima del nostro gruppo. Questo ragazzone qua è la nostra anima, te lo dico. E se te lo dico io è perché lo so. Fidati, Irene. Se devi dire qualcosa, scrivi quello che dico io, non quello che dice lui.

In Europa, qual è il sogno nel cassetto, anche a livello non solo di magari in musica ma anche di tour?

Luciano Tattini: Ma guarda, mi piacerebbe da matti poter suonare con gli Iron Maiden e vedere la faccia del nostro chitarrista quando glielo dico. Se mi salta fuori e ne parlo col mio amico Steve e ci mettiamo d’accordo, bisogna attrezzarsi con il defibrillatore, perché secondo me sul momento non ci credono. Poi viene fuori che invece può essere una cosa reale… svengono. Quando abbiamo saputo che andavamo a Wacken il nostro bassista, che era il suo sogno nel cassetto da sempre, è cascato in ginocchio. Pensa, è stato commovente perché sai che è un omone, Wallace no? E quindi vederlo così, con le lacrime agli occhi è stato stato commovente. 

Che meraviglia! Però l’esperienza di Wacken dev’essere stato figo. 

Luciano Tattini: E’ stato bellissimo, ma anche molto faticoso perché si aspettano una serietà delle band. Alla fine noi eravamo otto persone, troppo poche per fare una cosa così come se lo aspettano loro. Purtroppo la realtà è quella, noi siamo in un limbo di mezzo tra la grande band e la band che suona più per passione che altro. Siamo in mezzo. È un momento molto difficile.

Sì, quella metà che nessuno riesce a definire. Perché non sei underground, ma non sei neanche grosso da fare i super numeri. Quel limbo di mezzo di cui non abbiamo il nome. 

Luciano Tattini: Esatto, limbo di mezzo, va benissimo.

Però dai, magari arriverà un’altra volta di nuovo Wacken e riuscirete a portarvi dietro più persone.

Luciano Tattini: Wacken non ti dai limiti alle persone che ti puoi portare dietro. Solo che non è una cosa così semplice da mettere in piedi, ma o se capita, se c’è la possibilità, partiamo, tranquillo. 

Ma è vera la storia del countdown sul palco che avete il countdown che vi dice quanto tempo vi manca per la scaletta?

Luciano Tattini: Io la so così: ci sono gli orologi che dicono quando, come, dove e perché. Ma so che staccano quando hai finito di suonare. Noi eravamo 1-2 minuti sotto al tempo che avevamo, per cui nessun problema. Eravamo preparati.

Beh, vuol dire tanto quello.

Luciano Tattini: È una fatica arrivarci, è un attimo uscire. 

E’ un ricordo che si porta nel cuore per tutta la vita.

Luciano Tattini: Esattamente brava. 

Penso sia il sogno di un qualsiasi musicista quello di suonare su un palco come quello del Wacken, o Hellfest o Graspop. Quali sono anche i programmi vostri sul lungo termine? Ovviamente quello che si può dire. 

Luciano Tattini: Si può dire che il primo programma importante è uscire vivi da “The Flame Still Burns” perché è stato molto faticoso. La NeeCee Agency ha fatto un lavorone di promozione incredibile, e naturalmente stiamo provando a starci dentro e non è assolutamente facile. Volevo ringraziare tantissimo Barbara Francone e anche Pam perché non sono state veramente bravissime. Grazie. Quindi già uscire vivi da questa cosa non sarebbe male. Poi ci aspettiamo di suonare il più possibile, no? Nonostante il momento sia ancora un po’ sofferente però le aperture sembra che ci siano. Stiamo già lavorando al nuovo album, quello di cui parlavo e mi sto organizzando per scrivere un po’ di musiche che utilizzeremo più avanti. Questo grosso modo sui nostri progetti, ma niente di che, come immagino tutte le band normali solo col fatto che, come mi dicono sempre qua sono uno schiavista, perché non si riesce ancora a godersi l’uscita di un album che noi eravamo già in studio, che stavamo già facendo un altro. 

Ma anche perché, siamo onesti, una volta che si è fatto l’album, che si suonano i pezzi dell’album dopo un po’, i pezzi dell’album arrivano qua (sopra la testa) e quindi si ha voglia di fare roba nuova, di proporre nuova roba nuova. E quindi si inizia già a lavorare ai pezzi nuovi perché non vuoi più suonare quelli vecchi. 

Luciano Tattini: Beh, noi abbiamo i pezzi che sono nuovi-nuovi che sono proprio quelli nuovi-nuovi che andranno nell’album nuovo. Poi abbiamo i pezzi nuovi-vecchi. che sono i pezzi dell’album di “The Flame Still Burns”, che però non sono più nuovi-nuovi perché ci sono già gli altri che sono nuovi-nuovi, capito. E poi i bei pezzi vecchi-vecchi, che sono quelli che non sono i pezzi di “The Flame Still Burns” e neppure quelli dell’album che ci sarà dopo. Abbiamo deciso di usare la parola nuovissimi per l’altro step.

Per quelli che sono ancora in composizione. 

Luciano Tattini: Esatto. 

Io di solito metto il veto. Dico sempre “Ok, io ascolto i pezzi su Guitar Pro, vi dico cosa ne penso e vi dico se ci si può lavorare”. Però finché non ho le pre-produzioni in mano con le chitarre vere mi dispiace, io non ci scrivo niente di sopra, non ce la faccio. 

Luciano Tattini: Noi infatti subito dopo Guitar Pro facciamo una chitarra guida sia per il batterista che così in studio se la può provare per conto suo, sia perché poi ti dà anche il gusto della chitarra distorta. Diciamo che la batteria e basso non è che cambia più di tanto, però rimane la trombetta della voce fino alla fine, fin quando poi alla fine non ci non ci andrà poi la voce vera. E comunque poi ti noi ci appoggiamo anche, per esempio, le seconde voci, i cori e quando ci andiamo a noi andiamo a cantare sopra le trombette. Quindi facciamo una specie di cover della trombetta. 

Vi scrivete tutto, anche le linee vocali. 

Luciano Tattini: Certo.

Questo mi piace. Magari il vostro cantante ha anche il click in cuffia.

Luciano Tattini: Assolutamente no. Non sa neanche cos’è il clic il cantante [ride]. L’abbiamo anche messo per certi periodi il click in cuffia noi (strumentisti) e ce l’aveva un pochino anche il cantante, ma la cosa più giusta è che ce l’abbia il batterista. Tutti gli altri si appoggiano sopra di lui. Una cosa che fa molto comodo del click in cuffia dal vivo è che quando fai un lento è molto facile perché anche le pause tornano tutte. Da un certo punto di vista però perde un po’ di sentimento. Però si suona meglio! 

Come ultima cosa, ti chiedo di lasciare un saluto ai lettori. Se vuoi anche lasciare un messaggio, qualsiasi cosa. 

Luciano Tattini: Chiudiamo con una cosa veramente seria: fatevi vedere dal vivo, non abbiamo bisogno di metallari e rockettari da tastiera. Abbiamo bisogno di divertirci insieme, berci una bella birra fresca. Per alcuni facciamo passare anche la Coca Cola, ma proprio proprio. Però fatevi vedere, perché comunque tutti noi abbiamo bisogno di voi, noi che magari in quel momento lì siamo quelli che suoniamo, ma poi tanto tutti quelli che vengono sotto suonano anche loro e tutti loro avranno bisogno di noi che andiamo a vedere loro. Stiamo insieme. Cogliamo l’occasione per bere qualcosa.

Un’occasione per bere è sempre la cosa giusta. 

Luciano Tattini: E noi siamo dei dromedari quindi abbiamo bisogno di acqua. 

Sì, acqua. Acqua fermentata con un po’ di grano. 

Luciano Tattini: Io non lo volevo dire, perché volevo cercare di di essere serio invece l’hai detto tu! Grazie.

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