L’ottima affluenza di pubblico, in una freddo martedì di febbraio, è il giusto preludio per una tranquilla serata da paura con i Napalm Death & Co.

WORMROT

Si parte con i Wormrot, una band che, sia pure con qualche cambio di formazione, ha mantenuto negli anni un ottimo livello compositivo e una scintillante reputazione live. Alle parole seguono i fatti e i nostri ce ne danno la dimostrazione pratica incendiando il palco dello Slaughter. Il trio composto da Dubko, Rasyid e Ghariwala – chitarra, voce e batteria – suona un mix sperimentale di grind, thrash e death, sparato in faccia con violenza brutale, ma anche affilata precisione. Pezzi brevi e intensi, tra i quali si distinguono – opinione personale – la infetta Broken Maze, Voiceless Choir – con i suoi rimandi thrash old school – e la fulminante When Talking Fails, It’s Time For Violence. Live di personalità, estremamente convincente per tutti.

SETLIST
All Will Wither
The Darkest Burden
Broken Maze
Behind Closed Doors
Buried The Sun
Eternal Sunshine Of The Spotless Grind
Fallen Into Disuse
Grieve
Sea Of Disease
Hollow Roots
Your Dystopian hell
Unrecognizable
Hatred Transcending
Pale Moonlight
Seizures
Voiceless Choir
When Talking Fails, It’s Time For Violence
Glass Shards

PRIMITIVE MAN

I Primitive Man, se possibile, sono tutto l’opposto. Tempi dilatati e pachidermici – seguendo un pò la lezione dei Disembowelment ma contaminandola con la piena tradizione noise americana – suono ultradistorto e malato, come se l’uomo primitivo che incarnano sia sul punto di esalare l’ultimo respiro da un momento all’altro. Ne consegue che anche la performance sia limitata a tre lunghi brani – Menacing, My Will e Victim – a bassissima ma continua intensità, di difficile esecuzione – credetemi, più si rallentano i bpm più bisogna mantenere alta la concentrazione – ma che raggiunge pienamente l’obiettivo,
per sfinimento, per sfiancamento, con la perizia tipica dell’imbalsamatore. Ethan Lee McCarthy, con i suoi rantoli soffocati e sofferti, e Jon Campos riempiono il palco con la loro presenza malsana mentre il batterista Joe Linden fa il resto, una performance superlativa la sua, nel più totale controllo della situazione.

SETLIST
Menacing
My Will
Victim

MASTER

Il tempo di riprenderci un attimo dal tormentato mantra perpetrato dai Primitive Man che è il turno dei Master e quindi il momento di rendere onore a una vecchia gloria del metal americano, quel Paul Speckmann che da oltre quarant’anni, a cominciare dalla prima band formata nel 1982, i War Cry, per passare poi ai Death Strike e agli Abomination ha infine trovato in questa creatura la sua perfetta espressione. Poco prima, era stato bello osservarlo al merch, pienamente immerso nello spirito metal originario, con la sua lunga barba bianca, offrirsi a chiunque volesse scambiare due chiacchiere o scattarsi una foto con lui. Quando scocca l’ora, ecco Paul sul palco con i suoi compagni di viaggio, l’eclettico chitarrista Alex Nejezchleba e il talentuoso batterista Peter Bajci – a dare tutto se stesso. Il death dei Master è lancinante, un treno coperto di ruggine ma in piena efficienza che travolge tutto e tutti. Non starei troppo a soffermarmi sulla performance – che è stata eccellente – quanto sul fatto che a distanza di pochi mesi abbiamo avuto la fortuna di vedere esibirsi sullo stesso palco dello Slaughter due leggende come Tony Portaro dei Whiplash e Paul Speckmann, appunto, gente che a sessant’anni suonati gira ancora il mondo a mostrare le ferite di guerra e a spaccare teste. Ma non è tutto. Finito il concerto tra gli applausi, ecco che ce lo ritroviamo di nuovo al merch a esaltarsi per i Napalm. Cosa si può chiedere di più ad una leggenda?

SETLIST
Master
Subdue The Politician
Pledge Of Allegiance
Judgement Of will
Submerged In Sin
Terrorizer
Vindictive Miscreant
Re-Entry And Destruction (Death Strike cover)
Remove The Knife
Pay To Die

NAPALM DEATH

E siamo ai Napalm Death. L’impatto della band di Birmingham è dei migliori: sulle note di From Enslavement to Obliteration, Mark “Barney” Greenway, con le sue tipiche movenze, inizia a cavalcare il palco in lungo e in largo come un cavallo imbizzarrito. Danny Herrera si piazza nelle retrovie, in assetto da guerra mentre le asce di Adam Clarkson e Mitch Harris cominciano a fare il loro sporco lavoro. Taste the Poison e Next on the List, dall’ottimo album d’inizio millennio Enemy of the Music Business, chiudono un trittico iniziale di tutto rispetto. Barney ama intrattenere il pubblico con i suoi racconti british per poi lanciarsi furiosamente sui pezzi: Contagion, Rise Above, Resentment Always Simmers scatenano il pubblico in un pogo infernale. Qualcuno arriva sui banchi del merch, con l’educato Nurrasyid “Rasyid” Juraimi
dei Wormrot che scuote la testa per la tanta intemperanza. La veemenza dei nostri non accenna a placarsi e dopo una serie di altri pezzi tritaossa – su tutte, almeno per chi scrive, l’irriverente quanto profonda Mass Appeal Madness – si arriva dove tutto iniziò, quella Scum datata 1987 che ancora oggi suona perfettamente moderna e devastante. Non possono mancare il secondo e trenta centesimi di You Suffer e i cinque secondi scarsi di Dead – questione di concentrazione sottolinea Barney – mentre tra un grazie mille e cori blasfemi da parte del pubblico, si arriva a Nazi Punks Fuck Off, cover dei Dead Kennedys contro ogni fascismo, apprezzata di brutto da tutti, anche da Paul Speckmann che balza in piedi ad applaudire i colleghi. Si arriva sfiniti verso la conclusione – Barney trova pure il tempo di imbrattarsi di sangue la mano (non si capisce se si è ferito o meno, ma la scena è suggestiva) – e Instinct of Survival e Contemptuous suggellano un concerto che ha confermato tutte le aspettative della vigilia. Il folto pubblico se ne può tornare a casa, stordito ma felice.

SETLIST
From Enslavement to Obliteration
Taste the Poison
Next on the List
Contagion
Rise Above
Resentment Always Simmers
That Curse of Being in Thrall
Amoral
If the Truth be Known
Backlash Just Because
Fuck the Factoid
Suffer the Children
Mass Appeal Madness
Scum
M.A.D.
Success?
You Suffer
The code is red…long live the code
Dead
Nazi Punks Fuck Off (Dead Kennedys cover)
Instinct of Survival
Contemptuous

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *