Incontriamo i Blut al Legend, nella serata che li vede protagonisti insieme ai False Memories, Eternal Silence e Viper Soup Complex e della quale abbiamo parlato anche qui su MetalShutter.


Riavvolgiamo il nastro e torniamo a qualche ora prima dell’inizio del concerto, dove la band rilassata, molto tranquilla e ben presente a sé stessa (come amava dire il buon Vinz Barone) mi accoglie nel backstage.
Io non mi sono preparato domande, preferisco che sia la band a tirar fuori quello che ha da dire nel corso dell’intervista.
Così tiro fuori il mio bel taccuino immacolato e subito Chiara Manese esclama: “Intervista old school, bene”.


In effetti, non mi sembra proprio il caso di registratori e marchingegni, quello che conta è parlare dell’album, Traum (che tradotto dal tedesco sta per Sogno), uscito il 12 maggio, e delle aspirazioni di una band molto rinnovata.
So solo che il disco che ho ascoltato una volta sola suona più duro del precedente Hermeneutics e che, a un primo ascolto, mi è piaciuto molto.

Una domanda, d’obbligo, però devo farla: ‘Va bene il Sogno… ma guardando il fronte e il retro di copertina [l’autore dell’artwork, nonché della stesura dei testi è Nicolas Giordano] mi pare si
tratti piuttosto di un incubo. E’ così?

Risponde, chi meglio di lui, Antonino Sidoti, chitarrista nonché psicologo di professione: “Il filo conduttore di Traum è il panorama onirico junghiano [‘Chiudete gli occhi e vedrete’, ndr]. L’Io di ogni persona non è esente da questo panorama. La ‘premonizione’ con cui l’album ha inizio [Premonition] si ricollega proprio a questa intuizione. E il sogno, nell’accezione junghiana, può tramutarsi in incubo, forma archetipica dell’inconscio collettivo che può personificarsi al sognatore come un’entità mostruosa‘. Come vedete, avevo fatto bene a non prepararmi le domande.


Incalza Alessandro Schümperlin: ‘Questa sfera della psicologia esoterica ci interessa molto: in Hermeneutics avevamo affrontato la tematica del significato divinatorio dei tarocchi, associato alla credenza nelle loro proprietà occulte ed ermeneutiche; in Traum, pur non avendo partecipato in prima persona alla stesura dei testi, questa tematica ritorna di riflesso nell’interpretazione junghiana’. Ed in effetti Jung già nel 1930 scorgeva la grande utilità delle carte usate per scopi divinatori, e quindi in particolare dei Tarocchi, in relazione ai suoi studi sull’inconscio collettivo. Tutto torna, no?

Bene, ci stiamo facendo un’idea sui contenuti e più in generale una cultura, ma ci interessa sapere qualcosa di più anche sui suoni. E quindi sentiamo che ne pensa la band sulla mia impressione iniziale e cioè che il disco suona molto più metal di Hermeneutics.

Mi risponde Bruno Tortora, bassista e altra new entry della band, insieme a Sidoti e al batterista Stefano Morelli:
Sì, confermo, la scelta dei suoni va in questa direzione. Si tratta di una scelta voluta, in relazione al tipo di approccio che anche le tematiche ci spingevano ad affrontare. Così i suoni e l’utilizzo del tedesco nella maggior parte delle tracce sono funzionali alle tematiche non semplici, ma che intendevamo rappresentare compiutamente. Io e Antonino proveniamo dal progressive, ma con i Blut ci sentiamo di poter sperimentare e spaziare tra più generi al meglio delle nostre possibilità‘. Tutti annuiscono, quindi deve essere proprio così.

Aggiunge Alessandro, per chi non lo sapesse di origine svizzera e tedesco madrelingua: ‘Se non fosse stato per Chiara che in fase di realizzazione del disco ci ha detto chiaro e tondo: ‘Suvvia, basta con tutti ‘sti testi in tedesco!’ magari ne avremmo scritto anche qualcuno in più [ride], ma va bene così‘.
Chiara, mentre si lima le unghie, ammicca soddisfatta.
E l’italiano?‘ – chiedo io ingenuamente. ‘Per il momento meglio di no.’ – risponde Alessandro. ‘A sei anni di distanza, sto ancora pagando lo scotto de La via di Cappuccetto per la quale mi hanno massacrato. Se ne riparlerà in futuro‘.

Chiudiamo con Chiara, l’anima femminile dei Blut, che si integra alla perfezione con quella maschile di Alessandro Schümperlin:
Con Alessandro ho piena libertà. Ho una mia precisa identità che si riflette anche nel modo in cui creo e lavoro sulle linee vocali‘. Ce ne siamo accorti.

Il concerto andrà benissimo e la sensazione che avevamo avuto all’inizio e che ci aveva confermato anche Schümperlin è giusta: questa formazione funziona alla grande. Lunga vita ai Blut.

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