In occasione dell’uscita di ‘Motus – Voice of Rebellion Part 2‘, abbiamo avuto l’occasione di fare due chiacchiere con Gabriele Bellini. Ecco cosa ci ha raccontato!

Ciao, benvenuto su Metal Shutter. Come vanno le cose? Potresti presentarti a coloro che non ti conoscono? 

Ciao a tutti! Sono Gabriele Bellini, chitarrista, docente di chitarra da oltre 35 anni e produttore artistico. Instancabile ricercatore per corsi di formazione musicale e musicoterapia. Come musicista ho pubblicato 26 album di cui 12 da solista e 14 con svariate band. Oltre ai 30 album realizzati sia come produttore artistico (21) che come collaboratore e partecipante a svariati progetti come Rai Trade (1), Andrea“la iena”Agresti (3) e Compilation (6). Talent scout e da sempre accanito sostenitore nonché promotore dell’underground made in Italy. Nell’estate del 2014 con Giacomo “Jac” Salani ho fondato la nuova etichetta discografica indipendente (no profit) QuaRock Records che ad oggi conta già 28 album pubblicati.

Come ti sei avvicinato alla musica rock?

Avevo 11 anni quando ho imbracciato la mia prima chitarra, ma senza dubbio, la fortuna più grande per me è stata quella di poter ascoltare e in parte vivere, tutte le meraviglie musicali e il momento magico dei favolosi anni 70. Sarebbero veramente troppi tutti i nomi che potrei menzionare, anche se non posso non ammettere che i miei primi grandi e indiscussi amori sono stati in assoluto Genesis, Led Zeppelin, Pink Floyd, PFM e King Crimson, con tutto il resto ovviamente a seguire. Questo ha sicuramente contato molto sia per sviluppare la mia passione che la mia formazione artistica che a tutt’oggi non si è ancora fermata e non credo proprio si fermerà mai, ovviamente con il rock in tutte le sue forme che scorre inesorabilmente sempre a fiumi nelle vene.

Partiamo subito con il parlare di “Motus”, uscito il 15 giugno di quest’anno ed è la seconda parte di “Voice of Rebellion”. Ci puoi spiegare il processo di composizione di entrambe le parti?

Fin dall’inizio, era stato pensato un seguito a Rebellion Party (2021), suddiviso in due parti e in formato EP, nelle quali sostanzialmente sarebbe stato riproposto una selezione degli stessi brani ma in versione cantata e anche riarrangiata, questo per offrire all’ascoltatore un’ulteriore ampiezza e profondità comunicativa del concetto di base. Poi, dopo Voice Of Rebellion part 1, il corso degli eventi contemporanei, ha sviluppato in me un’energia tale e inaspettata, che mi ha trasportato in una vera e propria dimensione per il concepimento del nuovo lavoro. Motus, pur essendo un album sicuramente più evolutivo e completo rispetto a Voice Of Rebellion, così come per molti altri aspetti anche abbastanza diverso, riesce comunque a collegarsi a tutto l’intero progetto iniziale, proprio grazie all’accurata scelta dei brani cantati che contiene al suo interno.

“Motus” viene definito come un punto di arrivo musicalmente più maturo e se vogliamo anche più realistico dei precedenti. Sei d’accordo con questa definizione?

Assolutamente sì, sono d’accordo. È stato fatto un lavoro molto accurato nella fase di arrangiamento dei brani, sia con gli strumentisti ospiti che con i vari cantanti.

In questo album vi è una vasta varietà di generi. Come descriveresti il modo in cui componi i pezzi?

Non c’è un modo ben preciso, semplicemente mi faccio trasportare dagli eventi che mi circondano, dall’aria che respiro. Tutti ciò che il mio corpo e cervello assorbe, lo butto fuori in forma musicale.

Come scegli le persone con cui fare le collaborazioni?

Scelgo i miei collaboratori in base alla loro passione per la musica, a quanto ci sono “dentro”, alle loro competenze artistiche e compositive, non per forza solo tecniche. Inoltre per me è necessario che ci sia un’intesa, un modo comune di comunicare musica.

Mi ha molto colpito “Elements”, soprattutto il testo che ho trovato ottimo, rendendo il pezzo un ottimo mix tra rap e rock. Com’è nata la collaborazione con Smilzo?

Già dalla prima volta che ho notato Smilzo dal vivo, mentre presentava alcuni suoi inediti, ho subito capito sia il suo talento, sia il fatto che era proprio il tipo di rapper che stavo cercando per Element. Ci siamo parlati, gli ho spiegato il progetto e lui lo ha subito abbracciato e condiviso con estremo entusiasmo. Siamo entrambi veramente molto soddisfatti del risultato ottenuto.

Avendo il cd fisico tra le mani mi ha colpito molto l’artwork, l’ho trovata molto in linea con la musica suonata nel disco, quasi come una sorta di preludio al viaggio che ti fanno fare le tracce. Cosa doveva rappresentare per te la copertina di “Motus”?

Volevo che la copertina di Motus riassumesse dal punto di vista visivo il contenuto dell’album: passione, colori, forza, energia, positività.

Dei tuoi vari progetti ho ascoltato tanto gli Hyaena per molto tempo e mi hanno sempre colpito molto per i suoni. Tra le varie uscite avute dal 1986 mi ha colpito molto “L’isola di niente”, cover di un brano della PFM alla quale sono molto legata, così come all’album. Come mai avete scelto questa canzone? Come vi siete orientati con l’arrangiamento?

Da assiduo fan della mitica PFM degli anni d’oro, cercavamo proprio un brano da tributargli. Un   brano che si prestasse ad una certa tipologia di arrangiamenti e soprattutto che avesse le caratteristiche giuste per ciò che facevamo musicalmente in quel preciso periodo con gli Hyaena. La scelta è caduta su L’isola di niente e a mio avviso è risultata una scelta più che felice per il risultato finale. Un’impresa sicuramente molto ardua, già solo per il fatto di doversi confrontare con dei mostri sacri del genere e ancora di più per l’obbiettivo di riuscire a portare a circa 4:30 il minutaggio, rispetto ai quasi 11 minuti della versione originale. Questa versione fu in effetti apprezzata molto dalla critica in generale, sia in Italia che all’estero, soprattutto in Giappone. Grade soddisfazione e un onore assoluto!

A proposito di grandi band, ci sono band, anche underground, che consigli di ascoltare ai tuoi allievi e che vorresti consigliare a chi si volesse avvicinare al mondo del rock e del prog?

Consiglio assolutamente di ascoltare Sleep Token, specialmente a chi non è pratico di rock e Leprous per chi vuole conoscere del prog contemporaneo veramente valido.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Farai un tour?

Per il futuro ho in mente tanti progetti, alcuni già in fase di produzione di cui non posso ancora parlare. Stiamo pianificando un sacco di cose, anche molto innovative proprio a proposito dei live e sicuramente ne vedrete delle belle. In questo nostro settore, c’è davvero un bisogno costante di rinnovare ed offrire qualcosa di nuovo, di più coinvolgente, più emozionale, più completo e soprattutto artisticamente più reale, a prescindere dagli effetti super speciali. In base a questo, speriamo fortemente si spalanchino le porte anche ad un vero e proprio tour.

Grazie per il tuo tempo, puoi concludere come vuoi l’intervista dicendo quello che vuoi ai lettori di Metal Shutter e ai tuoi fan. Grazie ancora per il tuo tempo e complimenti per la tua musica.

Prendetevi un’ora al giorno del vostro tempo e dedicatelo all’ascolto della musica. Pretendete   di farlo, perché non c’è cosa più terapeutica e salutare che viaggiare sulle note. Grazie a voi per le bellissime domande e per lo spazio che mi avete dato!

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