BAND: Aftermath
ALBUM: No Time to Waste
ANNO: 2023
GENERE: Technical Progressive Thrash Metal
ETICHETTA: Zoid Entertainment/TLG/INgrooves

A quattro anni di distanza da There’s Something Wrong, tornano i veterani Aftermath, attivi nella scena thrash di Chicago sin dal lontano 1985, ma che solo recentemente sembrano aver trovato una certa continuità realizzativa.

E se il disco precedente era imperniato su un thrash che qua e là non disdegnava incursioni nel crossover e nell’industrial, No Time to Waste fin dalla prima nota suona diretto, immediato e spudorato, anche – e soprattutto – nei testi:

Criminal leaders

Crisis creators

They need to vanish

You’ve been informed 

Problem reaction solution you die

Smash reset control

Smash

Che il marchio di fabbrica del thrash metal sia stato sempre quello di costituire una piccola spina nel fianco del sistema è cosa nota.

Con l’andar del tempo però, visto che il sistema è sempre là, fermo e incrollabile, i testi di molti autori si sono fatti via via più introspettivi e certe tematiche sono state un pò accantonate.

Ora, non c’è nulla di sbagliato in tutto ciò, ma in un contesto thrash – diciamolo apertamente – testi introspettivi suonano maledettamente fiacchi e rammolliti.

E’ quello che sembra vogliano dirci gli Aftermath: ‘Ehi, gente! nulla è cambiato! il sistema – elezione dopo elezione – è sempre lì e ci sta fregando ancora! Ve ne accorgete o no?

Ecco tale aspetto va sottolineato, anche perché l’analisi (anti)sociale è lucida e spietata.

E quando sul finale della title-track, la doppia cassa di George Nektarios Lagis parte a martello, la sensazione che ne deriva è proprio quella di una sveglia metallica!

La successiva Original Instructions suggella convintamente questa posizione dissidente. Il sempre ispirato Tsiolis declama:

Parasitic bloodline creating the rules

Not knowing your enemy who’s the fool?

Entering a contract without consent

Blindfolded at birth not free as a bird

Tutto molto chiaro, no?

Transform & Disrupt si apre con un basso sparato forte sullo stile di Danny Lilker e curiosamente nel suo incedere ci ricorda proprio gli Anthrax prima maniera di Fistful of Metal.

L’attacco frontale stavolta è rivolto alla scuola come strumento di disgregazione nelle mani dei pochi parassiti manipolatori: la strategia è spegnere la curiosità sul nascere, riempiendo di nozioni inutili fin dalla tenera età la testa dei ragazzi e quindi – se ci pensiamo bene – anche quella di tutti noi.

Con Up Is Down si tira un pò il fiato ma solo per quanto riguarda i bpm perché il pezzo è cadenzato e potente come non mai. Il mondo è ormai capovolto e il pulsare di vibrazioni negative emanate dai parassiti lo avvolge in una coltre oscura e malsana. La voce narrante di Tsiolis è perfetta e dà l’idea essa stessa di essere immersa in una fuliggine nera dalla quale cerca in tutti i modi di liberarsi. Gran pezzo.

Se non fosse chiaro, il velo di Maya che ci attanaglia può essere squarciato solo se non smarriamo il senso di ribellione che ci è proprio.

In Slaveable (We’re Not Your Animals), ecco, un paio di domande cruciali:

Siamo consapevoli della nostra origine divina? Se sì, perché mai dovremmo sottometterci a chi ci usa solo per i propri biechi interessi?

Mentre ci pensiamo su, godiamoci l’assolo al bacio di Steve Sacco, chapeau.

Uniti si vince:

We can do this together

We can do this together

We can do this together

We can break the spell

Il mantra di We Can Do This Together suona come uno slogan programmatico, anche se alla lunga, ammettiamolo, un pò troppo ripetitivo.

Il tiro si rialza immediatamente con Echo Chamber, una mitragliata che scioglie qualsiasi dubbio sulla resa alla distanza degli Aftermath. Pezzo dalla struttura semplice ma con una serie di colpi talmente ben assestati che in men che non si dica, vi ritroverete a cantare ‘Echo – Chamber – Creates – A disaster‘.  

L’arpeggio blues/western di Strawman in the House of Cards crea le giuste premesse per il trittico finale. Qui la voce di Tsiolis suona dannatamente simile alle allucinate performance di Captain Beefheart in Trout Mask Replica – cosa già di per sè interessante – mentre nei testi fanno capolino citazioni dei Black Sabbath (Just like Pawns in chess just like war pigs said Generals gathered in their masses) che riannodano i fili della memoria sulla carica eversiva del metal fin dai suoi albori. Insomma, un pezzo di acid thrash rock di gran classe e dal background musicale notevole.

Stranamente, anche il pezzo successivo We Don’t Want a Riot parte con sperimentazioni stralunate alla Frank Zappa prima di esplodere in un’altra cavalcata a pieni giri:

We Don’t want a riot

We don’t need a riot

That’s what they want That’s what they need

L’invito è ancora una volta quello è di sfidare il sistema ma stando attenti a come giocare la partita: se accettiamo le regole dei pifferai magici ci sono buone possibilità che ne usciremmo con le ossa rotte.

In chiusura il manifesto di John Lennon Give Peace a Chance suona più come una dichiarazione d’intenti che poco aggiunge a un lavoro già di per sé ben delineato.

VOTO: 8/10

Tracklist

01. No Time to Waste

02. Original Instructions

03. Transform & Disrupt

04. Up Is Down

05. Slaveable (We’re Not Your Animals)

06. We Can Do This Together

07. Echo Chamber

08. Strawman in the House of Cards

09. We Don’t Want a Riot

10. Give Peace a Chance


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